linguista di formazione, impiegato di professione e amante della cultura nel tempo libero. La mia passione per le lingue inizia alle scuole medie, quando scelsi di frequentare il corso di bilinguismo perché incuriosito dallo studio dell’inglese, del francese e dall’idea di parlare in un modo diverso dal solito. Apprendevo facilmente le regole grammaticali, anche in italiano già quando frequentavo le scuole elementari, conseguivo buone valutazioni e, inconsapevole all’epoca, percepivo un’attrazione verso qualcosa di più grande. Essendosi rivelata un’esperienza positiva, proseguii lo studio delle lingue alle scuole superiori. Avrei studiato inglese e poi tedesco, una lingua considerata difficile ma che per me possedeva dei suoni duri ma divertenti.
Oltre allo studio delle lingue dal punto di vista grammaticale, si studiavano anche la produzione letteraria e gli autori che avevano decretato il successo delle lingue e culture inglese e tedesca.
Ricordo maggiormente la letteratura inglese grazie a valide insegnanti appassionate della loro materia, purtroppo la stessa cosa non si verificò con il tedesco perché, nonostante l’impegno e l’interesse da me profuso, il metodo di insegnamento del professore era focalizzato principalmente su lettura e traduzione. Riuscii comunque ad acquisire un decente livello di conoscenza grazie al fascino che esercitava verso di me la cultura tedesca, ma solo quella purtroppo non poteva bastare.
Terminate le superiori, intrapresi il corso di laurea in mediazione linguistica e culturale e, nello specifico, un percorso di studi mirato alla formazione di un assistente linguistico per le attività produttive. Quel percorso mi sembrava potesse realizzare un compromesso tra passione per le lingue e le esigenze lavorative. Scelsi l’inglese, “da tradizione” dato che dalle scuole medie lo studio non si era ancora fermato, e questa volta lo spagnolo. Una novità tra le lingue nel cui studio mi ero cimentato fino a quel momento, ma in verità i primi contatti con la lingua spagnola furono i viaggi presso le località turistiche della Spagna che i miei genitori sceglievano come mete per le vacanze estive. Tornando agli studi universitari, nell’interazione con gli insegnanti madrelingua di spagnolo subito percepii un’inspiegabile ma piacevole affinità, così appresi quella lingua rapidamente e le assegnai il titolo di lingua preferita tra tutte quelle studiate.
Terminai gli studi e, dopo due mesi di ricerca di lavoro, venni assunto da un’azienda per una posizione in supporto all’ufficio gestione ordini clienti. Mi fu assegnato il portafoglio ordini dei clienti francesi ma, non avendo praticato per lungo tempo, ricominciai da zero lo studio della lingua. Con il supporto di Laura, amica linguista, iniziai a ricordarmi velocemente quanto appreso alle scuole e con lei approfondii lo studio della grammatica e della cultura francese. Una bella riscoperta.
Dopo qualche anno iniziai a lavorare nella divisione ricambi di un’azienda nella quale avrei gestito il portafoglio ordini dei clienti dalla penisola iberica e dall’area austro-tedesca. Anche con il tedesco dovetti ripassare la lingua ma, essendo passato meno tempo da quando terminai lo studio, ci volle meno tempo. Con i clienti della penisola iberica interagivo ovviamente in spagnolo, e in inglese con i clienti del Portogallo. Dopo qualche tempo, però, cominciai a studiare portoghese per meglio comunicare con loro. Apprendere portoghese con Giorgia è uno spasso perché il suo metodo d’insegnamento basato su esperienze personali di studio e combinato con quello tradizionale si rivela molto efficace e stimola la curiosità, a volte sembra di sognare. L’unica nota stonata, per causa mia, è la mancanza della necessaria concentrazione data dalla forte affinità dei termini tra spagnolo e portoghese, e purtroppo tendo a scivolare nello spagnolo e in modo buffo Giorgia, anzi A Profe, mi riprende dicendo: “Benissimo, siamo atterrati a Madrid ma io sono ancora a Rio De Janeiro o a Lisbona”.
A gennaio ho ricevuto da un’azienda una proposta per la gestione degli approvvigionamenti dei ricambi verso tutte le consociate del gruppo. La maggior parte delle consociate si trova in Croazia, e quindi si è trattata dell’ennesima occasione per apprendere un’altra lingua straniera. Come prima impressione, per sonorità, impostazione grammaticale e complessità il croato ricorda il tedesco ma qualche settimana fa, durante lo studio del vocabolario croato, si è rivelato l’aspetto che rende “più grande” una lingua e provoca il mio interesse. Per dimostrarlo ricorro ai seguenti esempi:
Siječanj (gennaio): dal verbo sjeći (tagliare). Il mese si ricollega al taglio della legna, un’attività molto frequente in quel periodo.
Veljača (febbraio): dal termine velj (più lungo). In questo mese i giorni iniziano lentamente ad allungarsi.
Ožujak (marzo): dal termine laž (bugia), dati gli improvvisi mutamenti atmosferici, corrispondente all’italiano “marzo pazzerello”.
Travanj (aprile): dal termine trava (erba), il mese in cui cresce.
Svibanj (maggio): dal termine svib, sviba (corniolo), il mese in cui questo fiorisce.
Lipanj (giugno): dal termine lipa (tiglio), il mese del tiglio.
Srpanj (luglio): dal termine srp (falce), il mese in cui si usa questo strumento per la mietitura.
Kolovoz (agosto): dal termine kola (carro) e il verbo voziti (guidare), il raccolto di luglio veniva trasportato con il carro nei granai.
Rujan (settembre): dal verbo rijat (bramire), il verso del cervo che in questo periodo inizia i rituali di corteggiamento.
Listopad (ottobre): dal termine list (foglia) e il verbo padati (cadere). In questo mese cadono le foglie.
Studeni (novembre): dal termine studen (freddo), in novembre l’inverno diventa più rigido.
Prosinac (dicembre): dal verbo prositi (elemosinare), data la scarsità di risorse per la stagione. Oppure da Prosine (il figlio del dio Sole), quando avviene il solstizio.
Questa è la grandezza della lingua: essere lo specchio della cultura che si può scoprire affine ad altre in termini di usanze e fenomeni atmosferici, oppure avere una particolarità locale (Prosine, il nome del figlio del dio Sole). Una volta che è chiaro questo concetto, la mente non ha più barriere.
Lingue e mente: la caduta delle barriere a cura di dott. Matteo Pauro
Salve a tutti, sono Matteo,
linguista di formazione, impiegato di professione e amante della cultura nel tempo libero. La mia passione per le lingue inizia alle scuole medie, quando scelsi di frequentare il corso di bilinguismo perché incuriosito dallo studio dell’inglese, del francese e dall’idea di parlare in un modo diverso dal solito. Apprendevo facilmente le regole grammaticali, anche in italiano già quando frequentavo le scuole elementari, conseguivo buone valutazioni e, inconsapevole all’epoca, percepivo un’attrazione verso qualcosa di più grande. Essendosi rivelata un’esperienza positiva, proseguii lo studio delle lingue alle scuole superiori. Avrei studiato inglese e poi tedesco, una lingua considerata difficile ma che per me possedeva dei suoni duri ma divertenti.
Oltre allo studio delle lingue dal punto di vista grammaticale, si studiavano anche la produzione letteraria e gli autori che avevano decretato il successo delle lingue e culture inglese e tedesca.
Ricordo maggiormente la letteratura inglese grazie a valide insegnanti appassionate della loro materia, purtroppo la stessa cosa non si verificò con il tedesco perché, nonostante l’impegno e l’interesse da me profuso, il metodo di insegnamento del professore era focalizzato principalmente su lettura e traduzione. Riuscii comunque ad acquisire un decente livello di conoscenza grazie al fascino che esercitava verso di me la cultura tedesca, ma solo quella purtroppo non poteva bastare.
Terminate le superiori, intrapresi il corso di laurea in mediazione linguistica e culturale e, nello specifico, un percorso di studi mirato alla formazione di un assistente linguistico per le attività produttive. Quel percorso mi sembrava potesse realizzare un compromesso tra passione per le lingue e le esigenze lavorative. Scelsi l’inglese, “da tradizione” dato che dalle scuole medie lo studio non si era ancora fermato, e questa volta lo spagnolo. Una novità tra le lingue nel cui studio mi ero cimentato fino a quel momento, ma in verità i primi contatti con la lingua spagnola furono i viaggi presso le località turistiche della Spagna che i miei genitori sceglievano come mete per le vacanze estive. Tornando agli studi universitari, nell’interazione con gli insegnanti madrelingua di spagnolo subito percepii un’inspiegabile ma piacevole affinità, così appresi quella lingua rapidamente e le assegnai il titolo di lingua preferita tra tutte quelle studiate.
Terminai gli studi e, dopo due mesi di ricerca di lavoro, venni assunto da un’azienda per una posizione in supporto all’ufficio gestione ordini clienti. Mi fu assegnato il portafoglio ordini dei clienti francesi ma, non avendo praticato per lungo tempo, ricominciai da zero lo studio della lingua. Con il supporto di Laura, amica linguista, iniziai a ricordarmi velocemente quanto appreso alle scuole e con lei approfondii lo studio della grammatica e della cultura francese. Una bella riscoperta.
Dopo qualche anno iniziai a lavorare nella divisione ricambi di un’azienda nella quale avrei gestito il portafoglio ordini dei clienti dalla penisola iberica e dall’area austro-tedesca. Anche con il tedesco dovetti ripassare la lingua ma, essendo passato meno tempo da quando terminai lo studio, ci volle meno tempo. Con i clienti della penisola iberica interagivo ovviamente in spagnolo, e in inglese con i clienti del Portogallo. Dopo qualche tempo, però, cominciai a studiare portoghese per meglio comunicare con loro. Apprendere portoghese con Giorgia è uno spasso perché il suo metodo d’insegnamento basato su esperienze personali di studio e combinato con quello tradizionale si rivela molto efficace e stimola la curiosità, a volte sembra di sognare. L’unica nota stonata, per causa mia, è la mancanza della necessaria concentrazione data dalla forte affinità dei termini tra spagnolo e portoghese, e purtroppo tendo a scivolare nello spagnolo e in modo buffo Giorgia, anzi A Profe, mi riprende dicendo: “Benissimo, siamo atterrati a Madrid ma io sono ancora a Rio De Janeiro o a Lisbona”.
A gennaio ho ricevuto da un’azienda una proposta per la gestione degli approvvigionamenti dei ricambi verso tutte le consociate del gruppo. La maggior parte delle consociate si trova in Croazia, e quindi si è trattata dell’ennesima occasione per apprendere un’altra lingua straniera. Come prima impressione, per sonorità, impostazione grammaticale e complessità il croato ricorda il tedesco ma qualche settimana fa, durante lo studio del vocabolario croato, si è rivelato l’aspetto che rende “più grande” una lingua e provoca il mio interesse. Per dimostrarlo ricorro ai seguenti esempi:
Siječanj (gennaio): dal verbo sjeći (tagliare). Il mese si ricollega al taglio della legna, un’attività molto frequente in quel periodo.
Veljača (febbraio): dal termine velj (più lungo). In questo mese i giorni iniziano lentamente ad allungarsi.
Ožujak (marzo): dal termine laž (bugia), dati gli improvvisi mutamenti atmosferici, corrispondente all’italiano “marzo pazzerello”.
Travanj (aprile): dal termine trava (erba), il mese in cui cresce.
Svibanj (maggio): dal termine svib, sviba (corniolo), il mese in cui questo fiorisce.
Lipanj (giugno): dal termine lipa (tiglio), il mese del tiglio.
Srpanj (luglio): dal termine srp (falce), il mese in cui si usa questo strumento per la mietitura.
Kolovoz (agosto): dal termine kola (carro) e il verbo voziti (guidare), il raccolto di luglio veniva trasportato con il carro nei granai.
Rujan (settembre): dal verbo rijat (bramire), il verso del cervo che in questo periodo inizia i rituali di corteggiamento.
Listopad (ottobre): dal termine list (foglia) e il verbo padati (cadere). In questo mese cadono le foglie.
Studeni (novembre): dal termine studen (freddo), in novembre l’inverno diventa più rigido.
Prosinac (dicembre): dal verbo prositi (elemosinare), data la scarsità di risorse per la stagione. Oppure da Prosine (il figlio del dio Sole), quando avviene il solstizio.
Questa è la grandezza della lingua: essere lo specchio della cultura che si può scoprire affine ad altre in termini di usanze e fenomeni atmosferici, oppure avere una particolarità locale (Prosine, il nome del figlio del dio Sole). Una volta che è chiaro questo concetto, la mente non ha più barriere.
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