Un’unica melodia ed evidenti concordanze testuali accomunano i due canti1 (che sono in raltà due versioni dello stesso canto, una con e una senza strofa con funzione di ritornello) che hanno assunto quasi la funzione di inni dell’emigrazione italiana, soprattutto quella partita dalle regioni del nord Italia. Così che la canzone “Merica Merica” viene spesso ricondotta ad una sorta di vessillo delle comunità di origine veneta in Brasile.
Il testo è pressoché un compendio delle tematiche trattate nel ricco mondo dei canti d’emigrazione: quella del lungo viaggio per nave (e sono “trenta”, “trentasei” o, talora, “quaranta” i giorni di traversata a seconda dei testi), quella dei disagi incontrati nel paese d’approdo (“Abbiam dormito sul nudo terreno, come le bestie abbiamo riposa’”), ma, insieme, quella dello stupore per un mondo nuovo che colpisce per la vastità dei suoi spazi (“E la Merica l’è lunga e l’è larga, l’è circondata dai monti e dai piani”) e, infine, il tema dell’orgoglio di un popolo che migra con la determinazione di contribuire attraverso il proprio lavoro al progresso materiale della nazione che lo ospita (“con la industria dei nostri italiani abbiam formato paesi e città”).
Qui potrebbe essere interessante chiedersi cosa si cantava sui ponti delle navi in quei “trenta giorni” di traversata. Di sicuro la musica aveva un posto importante come passatempo e, forse, antidoto alla nostalgia. Non erano però i canti sul tema dell’emigrazione a trovare spazio in quei momenti. Piuttosto si attingeva al “repertorio dei cori o dei brani d’opera”2. Un momento privilegiato per fare sfoggio di abilità musicali e canore è quello del passaggio dell’Equatore, occasione di festeggiamenti con canti e danze. Nel 1878 un gruppo di emigranti agordini imbarcatosi a Le Havre organizza un’esibizione durante la quale “i nostri cantori… scelsero l’opera “La Norma” di Vincenzo Bellini”3. Nei loro resoconti i memorialisti citano poi i canti di tradizione popolare tra cui “La violetta la va la va”, “La Marianna la va in campagna”, “Addio mia bella addio”, “Ucelin dal bosc per la campagna el vola”, “L’a s’a fatto remirar”, “Su noi brilla degli anni la stella”, “Colà lontano sull’orizzonte”4. A questi canti si aggiunge anche il ricco serbatoio delle musiche legate alle popolazioni del sud Italia e dobbiamo immaginare tra i bagagli anche numerosi strumenti: chitarre, mandolini, zampogne, ghironde, flauti, violini, trombe, fisarmoniche, organetto
1 In realtà si tratta di un arcipelago di testi con interpolazioni di versi e inserimenti di idee melodiche tra le strofe. Le aggiunte melodiche mostrano anche scarti metrici come nel caso della versione raccolta a Niella Belbo, Ecco il testo: Trenta giorni di nave a vapore, / fino in Merica ghe semo arivati, / no abiam trovato né paglia e né fieno / abiam dormito sul nudo terreno / come le bestie che va a riposà… / America allegra e bella! / Tutti la chiamano / l’America sorella!……….. E la Merica l’è lunga e l’è larga, / è circondata di fiumi e montagne. / E coll’aiuto dei
nostri italiani / abbiam formato paesi e città… / America allegra e bella! ecc…
Una versione contenuta (Savona-Straniero, “canti dell’emigrazione”, i Garzanti, 1976, pp. 88, 89) riporta anche l’aggiunta di due versi tra le strofe: Ci andremo coi carri degli zingari / in America voglio andar. https://www.youtube.com/watch?v=ot-7GoMX9DY
2 In Comitato nazionale Italia nel mondo, “Storia dell’emigrazione italiana- partenze”, Donzelli Editore, 2001, 553
.3 “Gli Appunti di viaggio di Giuseppe Dall’Acqua” citato in Comitato nazionale Italia nel mondo, “Storia dell’emigrazione italiana- partenze”, Donzelli Editore, 2001, p. 553
Trenta Giorni di Nave a Vapore di Andrea Passerelli
Un’unica melodia ed evidenti concordanze testuali accomunano i due canti1 (che sono in raltà due versioni dello stesso canto, una con e una senza strofa con funzione di ritornello) che hanno assunto quasi la funzione di inni dell’emigrazione italiana, soprattutto quella partita dalle regioni del nord Italia. Così che la canzone “Merica Merica” viene spesso ricondotta ad una sorta di vessillo delle comunità di origine veneta in Brasile.
Il testo è pressoché un compendio delle tematiche trattate nel ricco mondo dei canti d’emigrazione: quella del lungo viaggio per nave (e sono “trenta”, “trentasei” o, talora, “quaranta” i giorni di traversata a seconda dei testi), quella dei disagi incontrati nel paese d’approdo (“Abbiam dormito sul nudo terreno, come le bestie abbiamo riposa’”), ma, insieme, quella dello stupore per un mondo nuovo che colpisce per la vastità dei suoi spazi (“E la Merica l’è lunga e l’è larga, l’è circondata dai monti e dai piani”) e, infine, il tema dell’orgoglio di un popolo che migra con la determinazione di contribuire attraverso il proprio lavoro al progresso materiale della nazione che lo ospita (“con la industria dei nostri italiani abbiam formato paesi e città”).
Qui potrebbe essere interessante chiedersi cosa si cantava sui ponti delle navi in quei “trenta giorni” di traversata. Di sicuro la musica aveva un posto importante come passatempo e, forse, antidoto alla nostalgia. Non erano però i canti sul tema dell’emigrazione a trovare spazio in quei momenti. Piuttosto si attingeva al “repertorio dei cori o dei brani d’opera”2. Un momento privilegiato per fare sfoggio di abilità musicali e canore è quello del passaggio dell’Equatore, occasione di festeggiamenti con canti e danze. Nel 1878 un gruppo di emigranti agordini imbarcatosi a Le Havre organizza un’esibizione durante la quale “i nostri cantori… scelsero l’opera “La Norma” di Vincenzo Bellini”3. Nei loro resoconti i memorialisti citano poi i canti di tradizione popolare tra cui “La violetta la va la va”, “La Marianna la va in campagna”, “Addio mia bella addio”, “Ucelin dal bosc per la campagna el vola”, “L’a s’a fatto remirar”, “Su noi brilla degli anni la stella”, “Colà lontano sull’orizzonte”4. A questi canti si aggiunge anche il ricco serbatoio delle musiche legate alle popolazioni del sud Italia e dobbiamo immaginare tra i bagagli anche numerosi strumenti: chitarre, mandolini, zampogne, ghironde, flauti, violini, trombe, fisarmoniche, organetto
nostri italiani / abbiam formato paesi e città… / America allegra e bella! ecc…
https://www.youtube.com/watch?v=PAVpd6C46Hg
Una versione contenuta (Savona-Straniero, “canti dell’emigrazione”, i Garzanti, 1976, pp. 88, 89) riporta anche l’aggiunta di due versi tra le strofe: Ci andremo coi carri degli zingari / in America voglio andar. https://www.youtube.com/watch?v=ot-7GoMX9DY
2 In Comitato nazionale Italia nel mondo, “Storia dell’emigrazione italiana- partenze”, Donzelli Editore, 2001, 553
.3 “Gli Appunti di viaggio di Giuseppe Dall’Acqua” citato in Comitato nazionale Italia nel mondo, “Storia dell’emigrazione italiana- partenze”, Donzelli Editore, 2001, p. 553
4 cit. pp. 553, 554.
5 cit. pp. 554.
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